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Discorso al Parlamento Europeo

Buongiorno, mi chiamo Nicoletta Corradi e parlo a nome dell'Associazione Grande Quercia che ha sede in Italia, a Rovereto, e che opera nel campo dei diritti umani.

Cerchiamo di dare voce, mediante mostre e spettacoli, a chi non ha più voce.
Oggi, in questo giorno così speciale, vorremmo dare voce alle tante voci di bambini indifesi, occhi strappati alle loro madri, cuori dilaniati, vittime innocenti.
"Ho iniziato a lavorare a 9 anni quando mio padre ha perso il lavoro. Spesso non mangiavo per tutto il giorno. A 12 anni sono stata catturata da alcuni sorveglianti di una miniera, ero con una mia amica.
Ci hanno chiesto soldi, ma non ne avevamo…hanno afferrato la mia amica e l’hanno spinta in una cisterna piena di gasolio.
Sono riuscita a scappare e a nascondermi, ma ho visto quello che è accaduto.
Ho pianto, ho avuto paura e da dove ero nascosta ho potuto vedere tutto quello che è successo…”
È ciò che racconta Mathy nel Rapporto di Amnesty International This is what we die for, sugli abusi che avvengono, anche in questo momento, nelle miniere di Cobalto nella Repubblica Democratica del Congo.
“Ho lavorato in miniera da quando avevo 9 anni, per due anni interi, perché i miei genitori non avevano i mezzi per pagarmi il cibo né per acquistarmi vestiti” racconta Arthur.
“I sorveglianti delle miniere avevano l’abitudine di frustarci e di immergerci nell’acqua putrida, spesso trascorrevamo anche 24 ore nei tunnel. Lì c’è molta polvere, è molto facile ammalarsi e abbiamo dolori in tutto il corpo” spiega Roger, 13 anni.

Cosa vuol dire per un bambino lavorare in una miniera di cobalto?

Vuol dire trasportare pesi enormi, anche di 20-40 kg.
Vuol dire compromettere la propria salute: deformazioni ossee e articolari, lesioni della colonna vertebrale, lesioni muscolari e muscolo-scheletriche.
Vuol dire lavorare 10-12 ore durante il fine settimana e nel periodo di vacanze, oltre che prima e dopo la scuola.
Vuol dire, per chi non va a scuola, lavorare tutto l’anno con orari pesantissimi.
Vuol dire subire violenze fisiche e sfruttamento sessuale dai sorveglianti delle miniere.
Vuol dire tossicodipendenza.
Vuol dire non avere diritti.
Vuol dire non avere voce.

Oggi le voci di tanti bambini sono giunte fino a qui.
Voi tutti le avete ascoltate e le porterete nelle vostre case, magari guardando i vostri figli giocare con il cellulare.
Voi, che avete introdotto e disciplinato la tracciabilità dei flussi finanziari e della filiera del cibo, ora siete chiamati ad un nuovo e forse più gravoso compito:
rispondere a queste voci e alle migliaia di altre, che vorrebbero gridare giustizia, dignità, rispetto.
Siete chiamati a tracciare l'estrazione del cobalto, affinché sul mercato venga immesso un prodotto davvero "Conflict Free".

 

Grazie.

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Grande Quercia A.P.S.

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